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venerdì 28 luglio 2017

POESIA ITALIANA - LUCIO MAYOOR TOSI



FAVELAS

La copia della copia di Narciso sventola
sul fiume rievocato di una reclam.
Nel sottopasso Margerita si rifà le ciglia.

(Uno brucia tutto quel che può durante il giorno
e la sera brucia se stesso. Il programma
è talmente perfetto che l’incognita ingigantisce)

Quindi, mentre il veleno affonda tra le vesti di Margherita
anche il suo ritratto impazzisce. Non una smorfia
ma il dettato seducente della verità mentre gioca

col rossetto. E scrive t’amo, come fosse carnevale
alle favelas di Rio De Janeiro. I ragazzi senza lambretta
le passeggiate su blocchi di cemento e nemmeno un bar.

Ho lasciato un pettirosso tra le fauci dei dobermann.
Non so come districare l’arsenico dalle ciglia.

Correre in soccorso alla luna che non ce la fa.

martedì 18 luglio 2017

POESIA IRLANDESE: SAMUEL B. BECKETT



1
Corpo minuto grigio come la terra il cielo le rovine
solo in piedi. Silenzio non un alito stesso grigio
dappertutto terra cielo corpo rovina. Spento aperto
quattro pareti all'indietro vero rifugio senza uscita.

2
Chimera la luce sempre e soltanto aria grigia senza
tempo nessun rumore. Spazi senza fine terra cielo
confusi tutto immobile non un rumore. Lo bagnerà la
pioggia come nei giorno benedetti dell’azzurro la
nuvola passeggera. Cielo grigio nessuna nuvola
nessun rumore tutto immobile terra sabbia grigio
cenere.

3
Piccolo vuoto grande luce cubo tutto bianco facce
senza tracce nessun ricordo. Infinito senza rilievo
corpo minuto solo in piedi stesso grigio dappertutto
terra cielo corpo rovine. Rovine sparse confuse colla
sabbia grigio cenere vero rifugio. Cubo vero rifugio
finalmente quattro pareti all’indietro nessun rumore.
Sempre e soltanto questa fissità immutabile sogno
l’ora che passa. Sempre e soltanto aria grigia senza
tempo chimera la luce che passa.


Da Samuel Beckett www la-poesia.it / stranieri (inalesi / europei / Beckett /SB 28.4.2006.

lunedì 10 luglio 2017

POESIA ITALIANA -MARIELLA COLONNA



Affianchiamo ai testi personalissimi di Giorgio Linguaglossa, una poesia di Mariella Colonna che non si discosta molto dalle categorie estetico-linguistiche della NOE.

Un’ombra passa sul sole

un pensiero cade dal ramo e finisce
sulle scogliere di Dover.
Il vento grida parole sconnesse, è furioso.
“Odette non mi tentare con il laccetto alla caviglia”
sussurra Peter O’ Connor bevendo birra.
Il mare canta la sua gioia per essere
in perpetuo movimento, insieme a Betty, felice
per il vestito nuovo che si è comprata con una notte.
In un altro pensiero un cespuglio,
un uccellino caduto tra i rametti e le foglie.
E’ il canarino di Odette.
Il nulla che ho pensato ronza e squittisce
girando intorno a me, furioso come il vento.

Il canarino di Odette non sa nulla del nulla.
E nemmeno la signora Eleonora che ha l’Alzheimer.
Pensieri e ombre informi abitano la sua mente.

Nessuno si affaccia alle finestre vuote
delle case sventrate dalla guerra.
Nessuno può capire la sofferenza dell’altro.

Nelle balere ballano al suono blu
delle orchestre di paese: Marietta è felice
perché le piace ballare. Marietta non sa
o non vuole sapere della signora Eleonora
e neppure di Rita che ha perso un figlio
di quindici anni investito da un camion
sulla statale n.47.

Ho sentito il dolore del mondo nel grido
d’un uccello ferito. Sulle spiagge d’inverno.
Troppe cose accadono in una parte del mondo

dove io non sarò mai.

giovedì 6 luglio 2017

POESIA ITALIANA - GIORGIO LINGUAGLOSSA


IL CORVO E’ ENTRATO DALLA FINESTRA

Il corvo è entrato dalla finestra.
Una stanza. Atelier del pittore.
Un cavalletto e una tela bianca.
Il pittore dipinge il mare e un sole livido.
Il sole prende vita dal quadro e se ne va.
Nel quadro è rimasto solo il mare.
Anche il mare se ne va.
E resta un abito gessato bianco in una barca
Che rema verso una proda.
Il Campari rosso è nel calice di cristallo
Che il Signor K. Sorseggia.
Osservo il suo pomo di Adamo. Che va su e giù.
Un’ombra bianca si guarda il volto nello specchio.
Nello specchio il calice del Campari. E l’ombra.
Ombre bianche escono dalla tomba, nascono dal cimitero
E vanno verso il mare, i spogliano nude,
entrano nel mare. Bevono il sonno a sazietà.
Le ombre nere bevono il sonno bianco.
Le ombre bianche bevono il sonno nero.
Il direttore d’orchestra ripiega le sue ali
Nere dietro le spalle, e chiede al musicista:
“Suonate qualcosa, Signore?”.
“Non c’è nessuno qui, sono tutti
Morti.”. “Non posso suonare”.
Finestre buie, finestre nere. Porte buie, porte nere.
Non c’è musica. Brusio di fondo.
Il musicista imbraccia l’archetto.
Il violino si avvicina al fuoco. Tra poco entrerà il ghiaccio.
Bussano a una porta. La maniglia di ottone
Gira con un flebile stridio: è il signor K.
“Vostra Grazia…”. Il Campari va verso le labbra del Signor K.
L’archetto cammina verso il violino
Le mie dita corrono verso l’archetto.
Il fuoco incespica, s’impenna, li insegue,
tra poco li raggiungerà.
“Quale “capriccio”, “Vostra Grazia?”.
“Paganini, l’ultimo, il ventiquattresimo”.


IL CORVO E’ ENTRATO DALLA FINESTRA

Di Giorgio Linguaglossa
Commento senza regole di Mariella Colonna

Questa singolare poesia di Giorgio Linguaglossa è stata letta da me come allegoria e breve Manifesto di una rivoluzione espressiva.
Leon Battista Alberti, nel De pictura definiva un quadro “Una finestra aperta sul mondo” Prendendo spunto dall’Alberti consideriamo la possibilità che il poeta abbia voluto indicare il “volo del corvo” come simbolo del passaggio dell’io dal mondo  (esteriorità) al la dimensione interiore.
E ancora Ortega y Gasset:
L’opera d’arte è un’isola immaginaria che fluttua, circondata dalla realtà da ogni parte […]. Le tele dipinte sono buchi di idealità praticati nella muta realtà della parete: brecce di inverosimiglianza a cui ci affacciamo attraverso la finestra benefica della cornice. D’altra parte, un angolo di città o di paesaggio, visto attraverso il riquadro della finestra, sembra distaccarsi dalla realtà e acquistare una straordinaria palpitazione di ideale […]” ( da “El espectador” )

Da queste due interessanti punti di vista prendiamo spunto per una delle tante interpretazioni che si possono dare alla poesia di Linguaglossa:
Il volo del corvo che entra dalla finestra equivale grido di un guerriero che dà avvio ad una battaglia  o...al suono del corno che apre una battuta di caccia;
fermiamoci sulla seconda ipotesi interpretativa. La misteriosa battuta di caccia (al tesoro) è  aperta da un personaggio altrettanto misterioso che inizialmente non si rivela, ma si nasconde (sembra) dietro un personaggio- chiave: il pittore, che inaugura la più inedita allegorico-simbolica mostra d’Arte che la Storia ricordi perché la mostra d’Arte è poesia di immagini e anche azione teatrale.
Prima opera in mostra e avvio dell’azione teatrale: Una stanza. Atelier del pittore  (che non c’è);
seconda opera e scena teatrale: un cavalletto e una tela bianca;
terza opera e sc. t. : il pittore si materializza e dipinge il mare e un sole livido;
quarta opera e sc. t. : Si verifica il cambio-attore da persona (pittore) a soggetto-opera: il sole, in piena autonomia,  prende vita dal quadro e se ne va;
quinta opera e sc. t. : un quadro dove si vede solo il mare;
sesta opera e sc. t. : Anche il mare se ne va;
settima opera e sc. t. : un abito gessato bianco in una barca / che rema verso una proda;

pausa e intermezzo: un Campari rosso in un calice di cristallo, sorseggiato dal Signor K
entrano in scena; il Signor K. È il personaggio misterioso della scena di caccia? Forse...
un secondo personaggio misterioso osserva il pomo di Adamo del Signor K. che va su e giù...è un nuovo segnale , dopo il corvo nero, e annuncia un colpo di scena: il Signor K. scompare, al suo posto un’ombra bianca si guarda nello specchio (elemento di grande valore simbolico) dove appare anche il calice del Campari e ha inizio la corsa surreale delle
ombre bianche:
escono dalla tomba, nascono dal cimitero.
E vanno verso il mare, si spogliano nude,
entrano nel mare. Bevono il sonno a sazietà.
Breve partita a dama (diversa da quella tradizionale) tra ombre bianche e ombre nere:
Le ombre nere bevono il sonno bianco.
Le ombre bianche bevono il sonno nero.

Si crea un nuovo equilibrio e gli spettatori-lettori scoprono che il corvo nero della battuta di caccia iniziale si è mascherato da direttore d’orchestra e chiede al musicista:
“Suonate qualcosa, Signore?”
L’azione teatrale si addensa nella risposta del musicista... dice che non può perché
“Non c’è nessuno qui,  sono tutti
Morti” . “Non posso suonare”.
A brevi colpi di pennello è poi tratteggiato il mondo dei morti:
Finestre buie, finestre nere. Porte buie, porte nere.
Non c’è musica. Brusio di fondo.

Colpo di scena. Ci troviamo ancora una volta nella galleria della mostra d’Arte- scena teatrale. C’è una novità: il musicista imbraccia l’archetto!
Ottava opera e scena teatrale, di nuovo gli oggetti-soggetti: Il violino si avvicina al fuoco. Tra poco entrerà il ghiaccio;
nona opera sc. t.:  Bussano a una porta. La maniglia di ottone
                          gira con un flebile stridio;
decima opera-scena sonora: è il signor K!;
undecima opera sc. t.: L’archetto cammina verso il violino...
colpo di scena! dodicesima opera sc. t.: Le mie” dita corrono verso l’archetto.
CONCLUSIONE della battuta di caccia (al tesoro): il corvo-musicista-direttore- d’orchestra-Signor K-(e, forse, anche)-pittore è...l’autore della rivoluzione espressiva!
ALT!!!...NON è ANCORA FINITA!
Tredicesima opera sc.t.: Il fuoco incespica, si impenna, li insegue,
                                        tra poco li raggiungerà.

Quale fuoco? Il fuoco dell’ARTE, della Nuova Ontologia Estetica? Forse...o meglio, a questo punto possiamo dire: SI’;
Quattordicesima Opera sc.t. : “Quale “capriccio, “vostra Grazia”?
                                                “Paganini, l’ultimo, il ventiquattresimo”.
In quest’ultima opera sc.t. chi rivolge la domanda a Vostra Grazia? Quale dei tanti personaggi? Non si sa di sicuro ma, poiché sappiamo che i tanti personaggi sono UNO, cioè l’autore della poesia, non è difficile immaginare la risposta: è sempre Giorgio Linguaglossa! E nessuno mi venga a dire che mi sono inventata qualcosa!

FINE dell’ALLEGORIA-BREVE MANIFESTO della Nuova Ontologia Estetica.

Vorrei ora parlare di alcune parole-chiave o simboli particolarmente significativi nella poesia: la finestra. Abbiamo letto quale importanza abbia la finestra come apertura dello spazio chiuso a quello aperto, che il passaggio dall’aperto all’interno della stanza significa
conquista dell’interiorità; ma può anche significare, in senso opposto, conquista della libertà. Sul piano della prospettiva e misura spaziale la finestra “incornicia” il paesaggio
e lo rende più suggestivo: analogamente la cornice, delimitando il quadro, mette in evidenza la sua separazione dalla realtà e il valore di mondo ideale, alternativo dell’opera.
Anche la presenza dello specchio ha un valore di metafora o di simbolo: si dice “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, oppure (l’innamorato) “mi voglio vedere nello specchio dei tuoi occhi”. Il rapporto tra specchio e mondo alternativo, ma soprattutto tra specchio ed anima è molto diffuso anche a livello popolare. Ho voluto rappresentare la poesia di Linguaglossa come un insieme di quadri ...perché lo stesso autore ha suggerito in una bella immagine dinamica: “Il sole prende vita dal quadro e se ne va”. Questa è una metafora,ma è anche un’espressione realistica: so per esperienza diretta che un’opera di pittura ben riuscita ha il potere di  animare il soggetto dipinto a tal punto che il soggetto acquista una sua vita autonoma: rimane nella memoria e negli occhi di chi lo ha visto...e può avere successo anche a prescindere dall’artista che l’ha creato. La Pietà di Michelangelo giovane commuove tutto il pubblico che la contempla, anche i meno colti che ignorano tutto dello scultore che l’ha fatta nascere dal marmo.
Credo che aver immaginato le sequenze in versi e scandito la poesia “Il corvo è entrato dalla finestra” in tanti quadri d’autore, è stato positivo perché ne ha evidenziato il valore anche separatamente, cioè non considerandoli nell’insieme: cosa che, da una parte completa e arricchisce la visione, ma dall’altra distrae dal particolare che può avere valore determinante.
In quest’opera di Linguaglossa ho trovato in piena e organica connessione gli elementi che connotano la Nuova Ontologia Estetica: perché ogni immagine o figura retorica è in sintonia con l’essere delle cose e dell’autore che dona la sua energia interiore, la sua anima profonda ad ogni momento o aspetto della poesia; la dimensione estetica è nelle immagini e nelle situazioni a tal punto che queste ultime si possono considerare soggetti di altrettante opere d’arte pittorica paragonabili ad opere di grandi autori contemporanei come  Savinio Carrà Magritte Escher o anche di importanti pubblicitari che, oggi, sono i più avanzati per immaginazione e design. Ma la dimensione estetica va oltre:
la finestra da cui entra la luce in Caravaggio, per esempio, è simbolo del “divino” che raggiunge l’umano attraverso la luce. La dimensione estetica deve far riferimento alla Bellezza, nella Nuova Poesia (e Arte) in modo nuovo, cioè in modo che il bello si avvicini più possibile al vero. Secondo alcuni per Platone “il bello è lo splendore del vero”,
anche se altri dicono che l’espressione non è di Platone, io credo che, comunque,  renda bene l’idea della verità che, nella sua perfezione (che trova nel cosmos la sua immagine, più significativa,) è così “vera”, evidente, perfetta da ispirare sensazioni emozioni sentimenti che “danno” luce come le stelle del firmamento, anche se lontanissime o spente. Questa poesia di Linguaglossa rende l’idea del “bello” in armonia con il “vero” e quindi con l’Essere.

Quando i versi di un poeta offrono un’infinità di percorsi o sentieri interpretativi che si dividono e intrecciano moltiplicando i significati della poesia, ci accorgiamo della memoria profonda che alimenta nutre o pietrifica ogni simbolo, metafora, segno, idea, moto dell’anima; ci accorgiamo se un poeta è dentro la sua opera quando essa diventa una parte del suo corpo, come gli occhi o le mani, o dell’anima che abbraccia tutto l’essere: perché questa è la novità che si evince dalle poesie di Linguaglossa: sono fatte con il corpo e l’anima, in tutta la loro estensione spaziotemporale (e altre dimensioni), ma è l’anima che racchiude il corpo, non viceversa come in generale si crede in relazione all’essere umano. Il “corpo” è la parte materiale della poesia, i suoni, i fonemi che, aggregandosi ad altri fonemi danno vita a nuovi significati; e le parole, investite dall’anima del poeta, acquistano una loro vitalità, emanano energia colore e calore, li trasmettono a chi legge innescando quella dialettica di scambio comunicativo e conoscitivo in una spirale, aperta verso tutte le direzioni (come nella forma della conchiglia, tanto cara all’Arte-Architettura barocca spagnola e italiana) da cui nasce la storia letteraria delle parole, il loro destino, talvolta la loro fortuna nei secoli.
La Bellezza: è il risultato di un insieme di scelte, condizioni, stati emozionali, vibrazioni dell’Essere captate dall’essere umano che possiede il delicato carisma di individuarla ed esprimerla: ma ci sarà sempre, tra l’Artista e la Bellezza a cui egli aspira, un limite insuperabile che si sposta continuamente, destinato a non risolversi mai: croce e delizia di poeti e artisti di grande levatura, sempre scontenti delle proprie conquiste.


A volte , come in Giorgio Linguaglossa, il viaggio verso la Bellezza passa attraverso il deserto del nulla e il labirinto del caos, si svolge per itinerari complessi legati alla sua capacità di percepire il dramma dell’umanità contemporanea, lo sfacelo dei rapporti umani, la caduta di tutti i valori, le rovine di una civiltà che in passato splendeva orgogliosa di se stessa e delle proprie creazioni. Perciò, nell’anima del nostro poeta, la presenza del nulla, del vuoto e della morte, anche nella poesia, ha generato un baratro, una specie di morte simbolica capace di trascinare tutto nell’abisso, una sorta di Apocalisse. Questo sprofondamento insieme all’uomo e all’umanità ha reso più complessa ma anche nuovissima e attuale nel poeta la ricerca della Bellezza: egli ha compiuto una sorta di discesa agli inferi, ma poi ha tentato di riemergere dalla profondità del mare e, sulla riva rocciosa ove è approdato, ha raccolto le  pietre per costruire la Nuova Cattedrale. Anche nella poesia che stiamo esaminando si delinea un percorso in frammenti gioiosi e dolorosi che si addensano nelle immagini-simbolo da cui emanano schegge di luce, presentimenti della Nuova Poesia e Nuova Estetica, che si riversano ovunque facendo risplendere anche ciò che è immerso nell’ombra: la finestra da cui entra il “corvo”, il sole che prende vita dal quadro, il mare (che prende vita dal quadro?) e se ne va, il Campari rosso nel calice di cristallo, lo specchio in cui si riflette il calice e appare un’ombra bianca! Bella questa dialettica tra la luce e l’ombra che avviene all’interno dell’ombra. Può essere bianca un’ombra? Certamente, se il poeta ci vuole anticipare una visione surreale degli inferi alternando il bianco al nero nel “gioco a dama” tra le ombre. E continua, mescolando immagini suggestive: lo stormo delle ombre bianche corre verso il mare, si spoglia (!!!), entrano in mare, bevono il sonno dell’oblio  (le bianche il nero, le nere il bianco). Il corvo –direttore d’orchestra invoca la musica: e il musicista rivela che non si può suonare perché ...”Qui sono tutti morti”. Dopo il regno dei morti in nero, la vita riprende a modo suo (della vita secondo Linguaglossa): il musicista imbraccia l’archetto, il violino si avvicina al fuoco, arriva il Signor K., il Campari va verso le labbra del Signor K., L’Archetto cammina verso il violino, le dita di...corrono verso l’archetto....e il fuoco (dell’Arte)  li insegue, presto raggiungerà tutti! Il finale in musica è affidato all’immaginazione che certo è più che mai dentro la vita. Sarà merito dell’anima del Poeta che abbraccia tutto?
Questa poesia potrebbe essere realizzata come Mostra  d’Arte - scenografie  poetiche per uno Spettacolo nella Galleria - unica nella sua originalità – dell’Ombra delle parole, più che mai adatta a portare in giro per il mondo la Novità della NOE, che non è l’ARCA di NOE’, ma potrebbe anche esserlo se pensiamo e crediamo, al di là di ogni logica veteroaristotelica, che sarebbe capace di portarci in salvo dal vuoto, dalla noia e dall’insignificanza. (E in compagnia degli...animali, tanto amati da La Rochefoucauld, di cui in parte condivido il pensiero, da fargli dichiarare: “Più conosco gli uomini...più amo le bestie”).