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domenica 17 settembre 2017

A GIOSE RIMANELLI di Mario M. Gabriele



Graffiti riaffiorano nel tempo.
Ur –Macchina  giace nel cassetto
”manoscritto inutile” e poi Detroit Blues:
tra dolore, esilio, rancore,
e Sonny Boy e Alien, passenger  tra Città-States
e Regione-Mondo, lontani dal “crudo Molise”
come un fossile del passato.
A sentire Hewitt dopo  We Took Our Paradise,
si direbbe una storia  di sangue e amore
tra i Bloods e i Crips per una ragazza di nome Maria,
che ci ha aiutato a vivere
con le  parole che sono state lampade accese
come lucciole nel giardino di Laura Marcello.
Le Terzine estorte dal silenzio,
chi le legge, Giose? sono viadotti dell’anima:
“….adesso , nel mezcal, quella tua cura
insana nel rimescolare amore
-puerta  del ser – con quanto trasfigura
o infogna, il breve ponte del dolore,
ma il viaggio va al di là della  figura,
oltre lo scandire battito delle ore”.
Non abbiamo un’àncora di salvezza
né piroghe per attraversare il mare.
America di Caryl Chessman e Martin Luther King,
di Angela Davis e dei Black Power.
Ma sempre americano è il condor dell’Oklahoma!
Un nero fumo di fuoco
avvolge  questa estate di rogo Fahrenheit.
E’ orribile, Giose!
Anche Il diavolo fa festa
nei boschi e nelle valli di questa Italy
dove Il tempo nascosto tra le righe,
e Il tè in casa Picasso,
celano l’ansia e il volto di Bambolino,


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